La riscoperta del quinconce,
ed il canto delle rane…
Nello scorso mese di maggio, il giorno 20 per la precisione, si sono aperti gli eventi della Rassegna Nazionale Buongiorno Ceramica, ospitati nel Parco della Villa Medicea dell’Ambrogiana, in prossimità del museo archeologico di Montelupo Fiorentino.
L’inaugurazione è stata dedicata all’artista Marco Bagnoli, con il quale il museo della ceramica di Montelupo ha vinto l’edizione 2020 di Italian Council, il bando internazionale promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del ministero della cultura, volto a sostenere e promuovere l’arte contemporanea italiana sia nel nostro paese che all’estero.
Settantadue nomi – Italian Garden è l’opera dell’artista Bagnoli ed è destinata alle collezioni del museo della ceramica.
L’opera promuove l’utilizzo del materiale ceramico nella produzione di manufatti d’arte contemporanea. Marco Bagnoli utilizza anche il vetro ed altro materiale significativo del territorio .
La collocazione dell’Opera nel Parco della Villa medicea dell’Ambrogiana costituisce e arricchisce il percorso urbano di arte contemporanea presente, un progetto avviato con materie prime e inaugurato dalla Fondazione a partire da 2016 , che ha visto la partecipazione di numerosi artisti tra i quali Ugo La Pietra, Loris Cecchini, Hidetoshi Nagasawa, Fabrizio Plessi, Lucio Perone, Gianni Asdrubali, Bertozzi & Casoni, Andrea Salvatori, Mario Trimarchi Antonio Aricò, Luce Raggi .
Durante la realizzazione dell’opera Settantadue nomi – Italian Garden è stato prodotto anche un video, che fa parte integrante dell’Opera stessa e che la rende opera scenica, a cura di Ela Bialkowska e Giulia Lenzi, con la coreografia di Catherine Galasso, e che ha visto la partecipazione di tutti gli artigiani che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera stessa. Essa si fonda sul concetto della disposizione armonica, cosiddetta a quinconce gruppo di cinque unità di cui quattro sono vertici di un quadrato e la quinta è il suo centro, e diviene la rappresentazione simbolica della terra nel momento della sua creazione e sospensione in un luogo in cui le cose ancora non emanano alcuna ombra e ci sono restituite in tutta la loro purezza . Essa è costituita da 72 vasi in ceramica – da qui il titolo dell’opera – smaltata blu, verde e rame come il procedimento del terzo fuoco,
Il video così realizzato verrà proiettato la sera dell’inaugurazione sul muro di cinta della Villa medicea e sarà poi presentato nelle conferenze che si terranno nei musei partner del progetto, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il Museo della Ceramica di Montelupo Fiorentino e il Magazzino italiano hard di Cold Springs New York e in altre prestigiose sedi
Nell’intervista rilasciata l’artista si esprime in maniera particolare ed insolita, osservando che la sua è una licenza poetica tratta da: “Il canto delle rane”… mentre si appresta nella lettura tratta dal suo catalogo: “Ho iniziato il viaggio dei ‘Vasi sonori’ nell’ipogeo del castello di Santa Maria Novella, nel 1995, inseguendo il “Canto delle rane”, nell’attesa che nascesse all’aperto sui campi la foglia verde degli ulivi e il fiore rosso della sera. Poi il paesaggio è cambiato, ma il vaso era scolpito e non poteva girare sul tornio ispirato com’era dal passo d’una statua. Allora pensai che, girandolo, potevo ottenerlo in 72 figure tornite da comporre sull’orizzonte celeste, poiché sappiamo che il cielo gira di un grado ogni 72 anni e, quindi, moltiplicando 72 x 360 abbiamo l’intero ciclo cosmico in cui il punto di levata del sole ritorna su sé stesso. E proprio così, alla fine, furono compiute nomi e forme sui torni e le forme di antiche botteghe che, da un vaso all’altro, si passano le voci ed oggetti per costruire la memoria, poiché è ancora alto quel muro che le separa dalla propria dimora. Far breccia, dunque e con essi raggiungerci ed unirsi in una scala di luce che illumina….
“Non so pronunciare il dolore che ancora persiste nell’uomo e non pronunciare che riguarda il lavoro degli artisti ed artigiani . La Villa Medicea dell’Ambrogiana era un manicomio criminale….”
Carla Cavicchini