Più  ARCADIA CHE APOCALISSE 

   L’infinità dei paesaggi italiani di questi ultimi 150 anni si mostrano in tutta la loro magnificenza in delicati e poi prorompenti ‘quadri’ artistici e fotografici, con tanto di video ed installazioni al PALP, Palazzo Pretorio di Pontedera, in occasione della mostra “Arcadia & Apocalypse”, sino al 26 aprile del 2020.

La mostra è una ricerca, dalla metà dell’Ottocento sino ad oggi, sul paesaggio quale un oggetto creativo che ha saputo rinnovarsi e riproporsi da protagonista nella cultura artistica italiana, confermando quanto asserito da alcuni secondo i quali un territorio non diventa paesaggio se non quando viene rappresentato da un artista.

Perché il paesaggio ? – spiega il sindaco della cittadina della Piaggio – perché è legato alle persone, cambiamenti climatici compresi, capaci di destabilizzare l’ambiente anche nel giro di due ore. In questa cittadina associata alla Valdera la cultura è una risorsa che volge anche al sociale, vista sempre più come elemento attrattivo. Inevitabile parlare dei partners pubblici e privati, sempre ben accolti, che caratterizzano maggiormente questo luogo, non sedendosi certamente sugli allori bensì in ottima sintonia per una buona ricaduta, con l’aiuto dei comini vicini. Quanto alle associazioni – proseguiva il primo cittadino – sostengo la loro territorialità atta a sviluppare sempre più progetti ed iniziative per il bene della comunità stessa.”

Significative poi le parole di Daniela Corti la quale affermava che proprio a Roma, nella capitale, difficilmente si vedono mostre del genere, come questa, bellissima, in un equilibrio alternante di pittura, scultura e fotografia, menzionando i 102 artisti con 240 opere che si presentano da arcaico ad odierno, esprimendo l’Apocalisse per il futuro. “E questo in un gioco di alternanza con rottura del Gran Tour rappresentato in tutta la sua amenità con tanto di laghetti e ninfee. Nel 1850 il paesaggio diventa ‘vero’ con i ‘macchiaioli’ e sul fine ‘800 diventa poi domestico, in quanto ci si riappropria della città come Villa Borghese. Segue il Futurismo ricco di atmosfere simboliste come le aerografie in bella mostra, e persino con evasione verso lo spazio cosmico come progetta RAM. Si affaccia pure la violenza tramite “La Fondazione delle città nuove”, come le “Dune di Sabaudia” e la bonifica delle paludi, mentre più tardi Soffici, Carrà, De Chirico, si unificano alla cultura del paesaggio sino a quell”Arcadia senza tempo” con tutte le classi sociali senza arma di riscatto. Interessante osservare Pontedera appena bombardata, nonché tutti gli altri, i messaggi visivi; un fatto di di costume che si staglia attorno a noi in un colorato gioco di cronaca, storia, arte, arrivando sino alla “pop-art” e alle linee concettuali”.

E mentre un altro relatore osservava l’abbandono della tradizione, la visita verso tour pittoreschi, l’arte contemporanea dava spazio alle immagini fotografiche nel mezzo del cambiamento territoriale avvenuto in 5-6 generazioni, l’altro ancora soffermandosi sulla nascita delle stampe-foto, osava sottolinearne l’influenza nei confronti dello spettatore, notando l’uniformità delle varie sezioni artistiche, in un pout-pourrì di rigore formale, tra opere dialoganti.

Perché la foto registra il reale contribuendo alla rottura dell’arte in un paesaggio frammentato, dove appunto i fotografi eseguono le committenze documentando il nuovo panorama.”

In perfetta linea le ultime parole ascoltate al Palp, alludendo a mosaici e dettagli capaci di richiamare l’attenzione attraverso varie chiavi di lettura, sconfinando nel monocromismo, nell’oggettuale, ai piedi della pop art.

Immancabili i progetti fantascientifici con tutte le rappresentazioni utopiche – non troppo… – legate al ’68 e agli anni ’80. Tante stagioni in cui emerge pure la spiritualità, l’idealismo cosmico, qual similitudine della compattezza psichica umana. Il Novecento appare segnato da artisti che constatano l’impossibile riscatto della perduta Arcadia senza tempo nello sgomento, animo dell’immensità della natura violata. Gli eventi bellici vengono visti in forma metaforica ove l’incanto di prima lascia adesso le porte aperte all’angoscia.

Attenti alla trasformazione del nostro Bel Paese, si osserva il decadimento post – romantico ( non più mito…) sino ai mutamenti odierni, con previsione d’incombente Apocalisse. Le installazioni tridimensionali di Pistoletto raccontano questo, anche se un labile soffio di luce appare negli arcaici dialoghi tra arte e paesaggio, mostrando resilienza e buona affabilità verso quel raggio di luce che illumina…non è un sogno, il nostro ambiente. Poiché dalla distruzione nasce la creazione.

Da non disdegnare assolutamente lo scenario delle buone offerte culturali venute dalla Toscana e tutt’Italia classificando Pontedera “Città della cultura”, con occhio attento nei confronti del Palp, capace d’aver dato lavoro a giovani neolaureati in un luogo ove vige la collaborazione di buoni progetti scolastici, con forte presenza studentesca e lodevole opera di volontari.

Questo al Palp, l’ex Palazzo Pretorio di Pontedera. Per una mostra promossa dalla Fondazione per la Cultura in un gioco indagatorio che si snoda dal 1850 sino ai giorni nostri, dove le forme si sono modificate poco a poco, sensibilizzando l’onestà intellettuale e morale sull’imbarbarimento del nostro pianeta.

Il pensiero creativo sul paesaggio analizza la fluidità pittorica ereditata dal genere settecentesco – specchio natura – arte – , che viene contrapposta alla mitologia, che affrancandosi dai luoghi comuni continua tuttavia a vibrare nell’aria, prendendo atto dei mutamenti ambientali con attenta riflessione di ciò che la natura trasforma nei confronti della cultura artistica, italiana e collettiva nel suo intero complesso multiforme.

Al PALP di Pontedera dall’08 dicembre 2019 al 26 aprile 2020 .

Info: www.palp-pontedera.it

Carla Cavicchini

cavicchini.press@gmail.com

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