LA GRANDE LIRICA: Goya e Guido Reni
Tre dipinti straordinari: due autoritratti del Maestro aragonese e “Susanna ed i vecchioni “ del Reni
Due artisti, due stili diversi messi uno accanto all’altro sì d’osservarne la grandezza di ciascuno, ognuno di loro nella propria espressività. I nomi più che eccellenti: “Goya e Guido Reni Tesori d’arte al Palp” di Pontedera presso il Palazzo Pretorio – sino al 10 agosto – della mostra curata da Pierluigi Carofano ci danno l’opportunità di osservare la cura maniacale di opere inedite, in una vera e propria anteprima, per poi spostarsi – scusate se è poco ! – all’Hermitage di San Pietroburgo. Si assiste ad una sorta di conversazione tra due veri e propri titani dell’arte occidentale in moderna, capaci di presentare due stili che niente tolgono ad essere loro stessi veri e propri gioielli.
“Susanna ed i vecchioni “ del bolognese Reni è ammantata di quella buona struggenza colma di un commovente, mesto, sentimentalismo, ove il pennello elabora la materia pittorica sul tessuto. Una tela appartenente al novero di ‘quelle non finite’, lasciata in fase di abbozzo per libera scelta, senz’altro atta a quella pratica di riscrittura e programmata rivisitazione espressiva.
Soffermandosi un attimo su questo aspetto culturale -scientifico che, grazie agli sponsor ha permesso l’allestimento di questa bella mostra – volutamente gratuita – d’alto spessore formativo, promossa dalla Fondazione Cultura e Comune di Pontedera, con il contributo della Fondazione Pisa in collaborazione con “Libera Accademia di studi caravaggeschi Francesco Maria Cardinal del Monte”, Ente nazionale di ricerca degli Amici dei Musei e monumenti pisani e con patrocinio della Regione Toscana, viene proprio la voglia di posare l’occhio su questi lavori di fine ‘700 ove Reni, pittore di sintesi, si distingue per il suo essere così fervente.
Mentre Francisco Goya opera di pennello partecipando tuttavia ai moti illuministi della Spagna borbonica. Fortemente vicino al Romanticismo, nel suo autoritratto, scava intensamente facendo emergere in lui l’aspetto di grande verista.
Si assiste pertanto ad una sorta di “firmamento goyesco” ove il suo volto non ha quell’inquietudine che invece cercherà più tardi. Dopo l’epoca del Rinascimento ed ancora del Barocco, all’estero, e non in Spagna, si avvicina sempre più all’introspezione: se nel primo autoritratto ( 1771 ) baldanzoso ed ingenuo nella bella Italia è vestito da viaggio con tanto di giubba – ce l’ho fatta!!! -, dopo essersi applicato ampiamente al genere ritrattistico imparato dal Batoni, nel secondo – 1782 – quello dei 35 anni, così degno della forza espressiva che sembra scolpito, appare la sfida.
E’ un bozzetto di commissione reale… della buona nobiltà spagnola, e quindi lo inserisce nella ‘pala’ entrando nel raffinato entourage dei pochi che possono vi accedere. Perché adesso tra i cortigiani c’è pure lui, ci sta bene in quanto uomo vittorioso e potente. Lo sguardo è fisso e le labbra protese: tra poco la sordità avanzerà e, lontano dalle idee di Ferdinando VII, se ne andrà dalla Spagna. Ed è a Roma che di Reni ammira il suo astrattismo, quel pennello che costruisce l’opera.
Nel frattempo il Reni gioca alle carte ma perde, perde quasi sempre e la venalità prende sempre più campo sino a vendere il giorno dopo – c’è poco d’aspettare … – quello fatto in troppa fretta . Lo sconto è d’obbligo mentre la preghiera avanza per lavarsi la coscienza. Ma anche l’altro, l’aragonese, non era da meno: “si lavora per il vile danaro!” e Goya incide, incide applicandosi alle “pitture nere” dove viene letta la stregoneria, con tutti i rischi che comporta nei confronti del potere politico. Smerciarle quelle opere non è facile ma il rischio è insito in lui!
Il gioco vale la candela, anche se nel suo caso è più opportuno dire la tela!
Info: da martedì a domenica 17 – 23
e-mail: info@pontederaperlacultura.it
Carla Cavicchini
cavicchini.press@gmail.com