L’ORGOGLIO ITALIANO A BASILEA:
designer RENZO PIANO PER LA FOUNDATION BEYELER CON DUBUFFET PROTAGONISTA
La Fondazione Beyeler è una stupenda Casa d’Arte. Considerata Museo ancor ‘giovane’ in quanto inaugurata nel 1997, è situata in un enorme polmone verde e, con un pizzico d’orgoglio, viene giusta l’osservazione che l’architetto di tale magnificenza è il nostro Renzo Piano. L’importante collezione di Ernst e Hildy Beyeler di Riehen, presso Basilea, permette di godere di questa bellissima sede accessibile a buoni estimatori.
E’ fondamentale osservare che l’arte arricchisce la vita odierna aprendo continuamente nuovi orizzonti. Questo poiché i nostri sensi, i nostri pensieri…belli o brutti, nonché quelli di gran desiderio, vengono espressi tramite buone nonché concettuali espressioni artistiche.
Alla Fondazione Beyeler è possibile ammirare i capolavori di Monet, Cezanne, Van Gogh eppoi ancora Warhol e Bacon, passando per Klee, Matisse, Picasso, Giacometti, in una magnifica collezione comprendente oltre 200 quadri e sculture per una attenta consapevolezza quantitativa e qualitativa sull’arte del XX secolo e non solo. Pregevole l’arte etnografica proveniente dall’Africa, dall’Alaska e Oceania; ecco il motivo d’essere il polo più visitato della Svizzera, in quanto le varie attrattive presentate di continuo grazie alla collezione di questi due mecenati, in un contesto architettonico unico nel suo genere, riesce a presentare il tutto nella sua bella cornice, facendone gentile sfondo.
Jean Dubuffet metamorfosi del paesaggio” è la prima retrospettiva dedicata a tale artista in questo XXI secolo, che ci permette d’osservare le molteplici bizzarrie, talenti, estrosità – amava molto i lavori infantili – di questo ‘tipo’ francese che, dopo vari ripensamenti, rinunciò all’attività di commerciante di vini buttandosi anima e fuoco nel sacro talamo dell’amata arte.
Pittore nonché scultore, il maestro adorava sperimentare nelle sue mille sfaccettature i propri lavori in una veste nuova ed insolita, facendo da stimolo a chi si accostava alle sue creazioni. Decisamente anticonformista, osservava la cultura in maniera dissacratoria divenendo una delle persone più incisive della seconda metà del ‘900: non a caso il suo reinventarsi di continuo, lasciava affiorare la sua essenza così pura seppur violenta, tanto da respirarla nella “Street – art” e nel mondo contemporaneo.
Affascinato dal paesaggio – ‘ Tutto è paesaggio ‘ – sino all’inverosimile, colle sue attente analisi, riesce a porlo nei vari volti che incontra, nelle nudità corporee, negli oggetti espressivi sino a farli divenire veri e propri paesaggi viventi: questo nelle sue maniacali espressioni usando persino ali di farfalla, la sinuosa sabbia, spugne rocciose ed altro ancora in un personalissimo universo figurativo. L’ambiente, il panorama, è qualcosa di talmente aperto, nel quale la libertà umana può prendere il sopravvento. Jean, personalità inquieta, trova le sue espressioni attraverso il rinnovamento, la sperimentazione cogliendo la forte interazione tra natura e creatura. Altamente sottile nei suoi giochi d’immagine mentale, scava e scava ancora sino a trovare lo spirito umano, ma anche gli abissi spirituali. Ed è proprio nel terreno scabro, ch’egli ama profondamente, che affiora la struttura geologica, matrice d’ogni cosa.
“ L’Art – brut “ Attenzione, questo è solamente un concetto mentale – non c’ è niente in giro – pertanto è prassi, prima, di farne accurata spiegazione. Nel 1945 la guerra sta per terminare ed egli per un pò di tempo si trattiene in Svizzera ove osserva attentamente i lavori, gli schizzi dei vari pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici di Ginevra e Berna. Dubuffet viene influenzato così tanto da quella tormentata espressività da donare tutto alla città di Losanna, che oggi ne è degna sede.
Respiro. E’ quello che percepisci quando completamente catturato, osservi la spettacolare opera “Coucou Bazar”nel suo alternarsi di danza, musica, scultura, pittura, teatro; ogni attività specchiandosi in maniera interdisciplinare riesce a dare adito al lungo pensiero ‘debuffiano’. La speranza è che arrivi in profondità!
Altra immagine ‘chiave’ è il dipinto “Gardes du corps” del 1943: opera ritenuta persa e poi ritrovata , rappresenta la musa del nuovo inizio estetico nell’opera pioneristica di questo straordinario artista. I suoi materiali sono carbone, impasti vari quale forma di contraddizione verso gli usuali canoni estetici poiché se le sue espressioni sono viventi più tardi diventano informali.
Scorri e ancora scorri in questi ampi e luminosissimi saloni, sino a trovare quella ‘mucca’ inghiottita tipo lo stomaco che digerisce. Un’altra tela rappresenta il corpo che diventa mappa e l’altra ancora si contraddistingue per quel graffito – ricordiamoci che è stato ispiratore della “Graffiti – art” dai tratti veloci – ‘Sguardo come vita’ – grazie alle finestre ‘interne’.
Appare la serie di ritratti grotteschi fatti ad amici, li raggruppa in “Plus beaux quils” sino poi a fare cose più scure. E’ nel ‘brutto’ che vede il valore estetico, pertanto la bruttezza (vera o presunta…) deve essere rivitalizzata quale mera convenzione estetica.
A Parigi c’è freddo, la cronica mancanza di carbone lo spinge ad andarsene nel Sahara dove osserva attentamente l’uomo nel paesaggio. E’ una figura umana in viaggio e poi quel vagabondo che sfocia nelle vesti tragicomiche…mah! Farà ridere oppure piangere? Avanzano donne opulente, grosse, deformate, attenzione, poiché proprio il loro ‘ creatore’ medita sul mito della fertilità e sulla divinità della terra. La serie dei paesaggi mentali umani assieme agli animali rappresenta le varie morfologie tra fango, ghiaia e terriccio. Eccoci alla pietra lavica e a quella scultura di “Spugna Marina”, secca secca che evidenzia la fragilità umana. Perché “La vita è nell’idea dell’artista e non nell’oggetto in sè”.
Incuriosiscono i ‘collage’ ed ancora quei “Cieli Astrali” fatti da fogli d’oro e d’argento. La serie “Hourloupe” – in realtà è un neologismo di sua invenzione…che ci volete fa?? – va dal 1962 al 1974. Il concetto – le materie sintetiche sono state usate appositamente – è quello della totalità dell’arte colle sue figure morfologiche. Questo porta ad una sorta di pièce teatrale, con tanto divertissement grottesco dove il comico e l’ironico si alternano. La morale si trova in questa società che cambia e con essa le persone di questo pianeta.
Il tempo passa, siamo agli ultimi anni di vita, campeggia quel pensiero introspettivo e retrospettivo…”Ha un senso oppure un peso quello che è stato fatto?”
Che dire ancora di questa mentalità forte e caparbia di cui Ernst Beyeler ne fu profondamente influenzato tanto da collaborare insieme? Attraverso la “Galerie Beyeler” furono venduti più di 750 lavori: non solo! All’artista furono dedicate sei esposizioni personali, una bella retrospettiva , nonché presentazioni temporanee presso lo stand della galleria Art Basel.
L’esposizione fortemente voluta dalla “Foundation Debuffet” di Parigi si avvale di pregiatissimi prestiti concessi da musei internazionali e collezioni private quali il Moma, il Guggenheim Museum di New York , il Centre Pompidou, la Fondazione Louis Vitton, il Moderna Museet di Stoccolma, il Kunstaus di Zurigo ed altri ancora.
Circola nell’aria quel detto curioso recitante…” mentre Venezia rappresenta la vetrina, New York si distingue per il commercio, nel frattempo a Londra girano i soldi, mentre a Parigi e Berlino circola l’arte.”
E voi avete qualcosa da dire in proposito?
Carla Cavicchini
mail: cavicchini.press@gmail.com