TINGUELY da emozione

                          … con gli occhi chiusi                

         Il tatto: un senso carico di emozioni da usufruire anche nell’arte. Al Museo Tinguely di Basilea – spazio nato dall’estro dell’architetto ticinese  Mario Botta e costruito proprio sul bordo del Reno – per “Prière de toucher” il visitatore entusiasta  può interagire direttamente su gran parte delle opere esposte, in un sofisticato gioco analitico e tattile, godendo della collezione dell’artista svizzero Tinguerly (1925 – 1991).

untitled     Il piacere di stupirsi con quella bellissima luce che ti avvolge come una spirale, di  sorridere, partecipare in maniera giocosa, sviluppa nella mente di grandi e piccoli quella linea sottile,  non troppo impercettibile, di sensazioni uniche da vivere pienamente a fior di pelle grazie a questo artista altamente  innovativo, amante  sino all’inverosimile del contemporaneo. Eccoci ai metalli, sua grande passione, ove si osservano sculture di macchinari mobili nati in un periodo di grande effervescenza. L’enormità di ciò che vedi ti affascina facendo volare la tua mente in un viaggio onirico verso ampi capannoni, con tanti  suoni  uniti al  brusìo  e agli  odori  del mestiere così ben fatto.

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 La nascita di questo museo, che gode della partecipazione culturale della Roche, data appena vent’anni;  la propria spettacolarità è data dagli spazi liberi e fluenti che quasi ti fanno galleggiare sul modello di ‘onde lunari’. Voluto nei terreni della ‘Kleinbasel’  – piccola Basilea – è spettacolarmente contornato dal Solitudepark, e l’interesse così alto nasce dal fatto che vi si tengono regolarmente delle  mostre temporanee  d’ampio spettro di artisti  capaci di abbracciare le tematiche del XX e XXI secolo.

Eccoci pertanto ad osservare i lavori altisonanti di Marcel Duchamp e Schwitters, nonché i contemporanei quali Yves Klein, Arman, Niki de Saint Phalle ed altri ancora.

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Per gli estimatori da non lasciarsi scappare Michael Landy – “Out of Order” sino al 25 settembre di quest’anno e “Macchine musicali – Musica per macchine “ dal 19 ottobre sino al gennaio 2017.

Visite assolutamente da consigliare. Un bel caffè, un ottimo gelato, la passeggiata  sul fiume che ti segue come il fedele ‘Fido’.  Il finale? Un bagno di cultura nel Museo Tinguely.

 

 

Info: www. tinguely.ch

mail: infos@tinguely.ch

 

 

 

 Carla Cavicchini

   mail: cavicchini.press@gmail.com

 

 

   SEMPLICEMENTE NOMAD

                                                       per un relax rinvigorente

   Un appartamento che decide di cambiare vita trasformandosi in un sofisticato hotel nella splendida Basilea, all’altezza di Brunngasslein al civico otto. Appartenente al Gruppo Kraft, entrando noti l’estremo razionalismo e minimalismo già dall’ accogliente bar  che sviluppa ulteriormente le papille gustative, assieme al raffinato ristorantino dove è possibile assistere anche a buoni eventi.

untitled    Il terreno è morbido “senza – passi” grazie a quei particolari tappeti indiani annodati rigorosamente  a mano e…novità! pagine di buona cultura vengono offerte nello spazio library per continuare a tenere  in allenamento le onde cerebrali.

 Stttt. Eccoci  verso l’angolo  – notte  con  le stanze ‘twin’ e il letto doppio  dove però è   semplicissimo anche separare il tutto. Il materasso è come un nido accogliente, una sorta di ‘paradisino’ con quei materassi ad hoc , ‘acquosi’, che seguono la struttura del corpo.

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Geniale l’idea del bagno separato  grazie a quei pochi passi che ti portano nella personalissima area della doccia, wc, singolare il lavabo. Nelle luci modulabili, anche il mini-bar (che bello, gratuito!)  è volutamente adiacente per piccoli sprazzi di privacy; a seguire stanze “ business-room” per manager e non solo  con tanto di lavagna e untitled3proiettore. E, quando le luci sono troppo intense,  è un gioco da ragazzi  girare le lampadine incassate e modularle a seconda dell’estro e del gusto.

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Altre novità? Beh, la sauna interna fa espellere le brutte tossine e poi…una visita da Nomad  e  ciò che chiedi  te lo offrono direttamente  su un vassoio d’argento! Intanto prendiamone buona nota…dove si ritrova uno spazio cosi???

 Info: www.nomad.ch;

        • 41 61 690 91 60
        • info@nomad.ch                                     
        • Carla  Cavicchini
        • cavicchini.press@gmail.com
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L’AFFASCINANTE STORIA DEI

GUGGENHEIM

   Stavolta le ampie volte di Palazzo Strozzi ospitano la bellissima mostra “ Da Kandinsky a Pollock “ 19 marzo – 24 luglio 2016 , portando nel capoluogo più di cento opere d’arte: europee ed americane, capolavori realizzati negli stimolanti anni ’20 nonché in quel fermento politico, artistico ed industriale, respirabile nei successivi anni ’60, di matrice ‘novecentesca’. Questo in un sottile percorso capace di ricostruire i rapporti e le relazioni tra le due sponde dell’Oceano, in un affaccio culturale per mano di di due grandissimi collezionisti americani che rispondono ai nomi di Peggy Guggenheim e lo zio Solomon E. Guggenheim. La notevole esposizione, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi e la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, permette di osservare le collezioni di questi due grandi figure della pittura, in un viaggio che vede i più importanti personaggi legati al mondo dell’arte del XX secolo.

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Kandinsky, Duchamp, Max Ernst, non hanno certamente bisogno di grandi presentazioni, anche se è giusto osservare che la mostra si focalizza sull’arte del dopoguerra a cavallo tra l’ Europa e l’America, con i più informali europei quali Burri, Fontana, Emilio Vedova, nonché forti figure dell’arte americana quali Jackson Pollock di cui è possibile ammirare addirittura ben 12 suoi lavori. In questo bellissimo palazzo, che raccoglie tanto splendore, è doveroso fare un salto indietro, al 1949, quando l’eclettica Peggy decide di mostrare la sua collezione alla Strozzina, che poi troverà tuttavia nella città lagunare, a Venezia, la definitiva collocazione.

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Ella, infatti, dopo aver deciso di donare alla Fondazione Solomon Guggenheim la sua intera collezione con il palazzo veneziano denominato Venier dei Leoni, muore a Camposampiero, (Padova) nel dicembre del 1979 all’età di 81 anni. Le sue ceneri sono collocate a Palazzo Venier dei Leoni, in quello stesso angolo di giardino in cui era solita seppellire i suoi numerosi cani.

Bel colpo poter adesso ammirare le 26 opere sue, qui presenti: un mondo nuovo, capace di rivoluzionare costumi, stili e scuole. L’arte newyorkese, veneziana, insieme a musei e collezioni private, parlano, si confrontano osservando movimenti artistici che hanno definito il concetto di arte moderna, vedendo il surrealismo all’action – painting, fino al genere informale e pop – art.

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Quanto all’irrequieta Peggy, nipote di Solomon, non si può non riconoscere l’appartenenza alle figure altamente carismatiche ed importanti della storia del XX secolo. Lei è trasgressiva, di grandi vedute, scopre l’arte contemporanea, tra i suoi amici c’è Marcel Duchamp ed è fortemente attratta dalle avanguardie europee quali cubismo, surrealismo, acquistando capolavori delle avanguardie astratte. Punta molto su Pollock, lo fa esporre a New York tramite la sua galleria precedendo la nascita del suo museo a Venezia.

Siamo nell’anno 1951. I due spavaldi Guggenheim, collezionisti, fondatori di spazi per l’arte, guardano avanti, dando spunti per una nuova idea di conoscenza e cultura visiva. Il loro desiderio è quello di andare incontro al pubblico narrando le avanguardie, le radici fondamentali allora dell’arte contemporanea. Nel percorso museale trovi la sala “Guggenheim e le loro Collezioni”, per Europa – America “Il Surrealismo e la nascita delle nuove avanguardie”, proseguendo poi quella per “Jackson Pollock”, “L’espressionismo astratto”, “L’Europa del dopo”, “Palazzo Venier dei Leoni: Peggy e Venezia”, nella settima sala “ La grande pittura americana”, sino al “ Mark Rothko”, finendo a quella “Gli anni sessanta: l’inizio di una nuova era”.

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E come non parlare di Paul Klee e del suo “Ritratto di Frau P. nel Sud”, quel Klee che si sbizzarriva ampiamente con i suoi acquarelli ponendo colori densi a tratti più leggeri. Da osservare la forma a cuore di Frau P, motivo ricorrente dell’opera di Klee dove, secondo il suo estro, può rappresentare un busto, una bocca…un naso. Il motivo sta nel tramite tra mondo organico e quello inorganico, capace di simbolizzare forze vitali, fungendo nel contempo quale ‘forma mediatrice tra il cerchio e il rettangolo’. Eccoci all’energia di “Verso l’Alto” – Empor, dove si osserva una forza energetica che si innalza agganciando le forme tra loro, bilanciandole ai lati d’una linea verticale continua.

Immancabilmente rispondono a forme geometriche e semicerchi. Una struttura sospesa, dove lo sfondo ti coinvolge col turchese e verde. Picasso si presenta con “Busto di uomo in maglia a righe”, opera stilizzata e pungente. Racconta d’un probabile pescatore intravisto nel porto vestito da maglietta di marinaio. Un interessantissimo Marcel Duchamp appare per: “Scatola in una valigia” , Boite en – valise ; e dirigiamoci verso Pollock con “La donna luna” qual soggetto ricorrente in diversi dipinti dei primi anni ’40. Sembra che l’ispirazione a tale personaggio provenga da fonti diverse. Per questi sono è nato l’interesse per Baudelaire e i simbolisti . Il ritorno verso Pollock è veramente forte, scomparso troppo giovane a East Hampton nel 1956.

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Encachanted Forest è l’esempio di una sua composizione astratta, quando appunto sgocciolava e spruzzava il colore su grandi tele senza telaio. E’ il momento dell’alienazione per mano di Francis Bacon con “Studio per scimpanzè”. Quel Bacon fortemente conosciuto per le sue figure umane alienate e distorte. A Lucio Fontana venivano dedicate molte mostre in tutto il mondo: qui a Strozzi l’osserviamo attentamente per “ Concetto spaziale. Attese”. Ci piace ricordarlo con l’idea di purezza raggiunta nelle sue ultime candide tele. Muore a Comabbio, Varese, nel 1968. D’obbligo inoltrarsi in questo cammino culturale facendo una buona indigestione d’arte, tenendo ben viva la memoria di Peggy e delle sue passioni – arte ma anche uomini – dei suoi gusti, tanto che a questa ereditiera è stato dedicato un documentario visitabile. Non perdetelo. D’altronde non tutti colloquiavano amabilmente con Brancusi, il grande Pablo, con quella grandissima personalità che rispondeva al nome di Gertrude Stein e col geniale Kandinsky.

Info: Fondazione Palazzo Strozzi

Lavinia Rinaldi 055- 39.17.122

l.rinaldi@palazzostrozzi.org

Carla Cavicchini

cavicchini.press@gmail.com

BASILEA: ALLE RADICI DELLA RIFORMA

L’eredità di Erasmo Da Rotterdam

  Tuffarci negli enormi ed interessanti musei di Basilea – ben quaranta di cui vari di fama mondiale e non è uno scherzo – equivale a fare un bagno di cultura piena, tanto è alta l’attrattiva che cattura il visitatore alla ricerca continua di spazi degni d’attenzione in un gioco altamente affascinante. Perché l’istruzione fatta in maniera giocosa, utile e divertente, ti cattura dolcemente senza che te ne accorgi, rendendoti persona ‘ricca’ grazie al buon bagaglio dei saperi. Cominciamo proprio con questa capitale culturale della Svizzera, già ‘terra’ visitata dai Romani, famosa anche per il grande polo universitario. Città immersa nella storia in quanto le sue origini risalgono a più di 2000 anni fa, oggigiorno nel panorama logistico ‘gode’ d’una presenza più che images (1)degna accanto ai colossi dell’industria chimico farmaceutica, nonché dei trasporti e della finanza. Da non dimenticare inoltre che Basilea per fiere, meeting e congressi è proprio il luogo ideale grazie alla capillare organizzazione presente che la rendono unica nel suo genere.

Visitare lo zoo in questa cittadina è quasi obbligatorio, e senz’altro da segnalare è L’Europa Park di Rust: per gli estimatori di antiche vestigia la tappa verso Augusta Raurica inorgoglisce per l’alta sapienza umana.

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Il Reno, considerato vera e propria arteria vitale dove tra l’altro è piacevole bagnarsi, ben si presta alla veduta di stupendi borghi pittoreschi e meravigliosi palazzi barocchi, e se l’architettura qua ‘la fa da principe’ tanto da essere menzionata in ogni parte del mondo – giovani designer, questo è il luogo per dare estro a tutta la vostra creatività! – è sempre piacevole accostarsi alla veduta del Palazzo del Municipio, della Cattedrale, alla ricerca poi attraverso quelle mille e caratteristiche viuzze delle fontane considerate anch’esse simbolo di questa capitale culturale della Confederazione Elvetica. Il turista curioso quasi ogni sera può abbeverarsi delle numerose orchestre presenti, visitando pure i caratteristici teatri con le loro prestigiose opere, assieme ai raffinati balletti di danza classica. Il cibo! Sissignori, la nota godereccia qui non manca proprio grazie alla buona offerta della gastronomia locale “con tante stelle Michelin”e, dopo una bella ‘pappata’, è possibile dirigersi nel cuore ‘basileese’ nel paradiso degli acquisti verso Barfusserplatz, proseguendo ancora verso Marktplatz e Claraplatz.

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A questo punto visitando l’Historisches Museum Basel, museo della città elvetica, automaticamente ti trovi a respirare i vari periodi storici quali appunto quello medievale, rinascimentale e del barocco. Qui trovi la preziosissima collezione di storia della cultura dell’Alto Reno assieme a molte immagini sacre accompagnate dal Tesoro della Cattedrale cittadina, e poi ancora le varie pitture vetrarie, il gabinetto numismatico, i frammenti della “Danza macabra di Basilea”, gli arazzi locali nonché quelli di Strasburgo.

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Ma parliamo adesso di “Erasmus MMXVI” e della sua istituzione fatta anche di oggetti personali accessibili voluta proprio quale omaggio al grande teologo, filosofo ed umanista Erasmo da Rotterdam, nato a Rotterdam e morto proprio a Basilea nel 1536. Il percorso di questo interessante cammino ben curato dallo storico Marcel Henry che si sviluppa tra letteratura, arte e storia, si può scaricare gratuitamente con la semplice ‘app’, portandoci di conseguenza verso la complessa vita di questa grande figura, verso il Nuovo Testamento, nonché nei confronti di quell’opera magistrale che è l’ “Elogio della Follia”. Soffermiamoci su questo concetto poiché l’esaltazione allegorica rappresentata dalla ‘Dea’ nelle vesti di donna, fa si che Erasmus la fa parlare dolcemente ponendo in discussione il mondo intero col suo sistema di vita. Il libro, satira della teologia scolastica, della immoralità del clero, elogia la follia del vero cristiano che impronta la sua vita sulla fede. In maniera esplicita ci si prende gioco dei vari concetti e pregiudizi di quel tempo; si narra che la pazzia sia la dominatrice dell’intera civiltà con le sue leggi e usanze. Le sue ali circondano ed abbracciano laici ed ecclesiastici, umili e potenti, ignoranti e sapienti.

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La rappresentazione della ‘Dea’ posta dall’illustre scrittore olandese, nella sua schiettezza, rappresenta tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze. La pazzia è la figlia illegittima che nasce dall’amore ma fuori dalla legge. Le sue nutrici sono l’ebbrezza e la stoltezza; l’accompagnano e le fanno seguito come scorte l’amor proprio, l’adulazione, l’oblio, l’odio della fatica, la voluttà, l’irriflessione, la mollezza, il sonno. In sintesi passioni della mente libera e incontrollate. Il pazzo delira, tuttavia è libero da quel miserevole affanno che tortura il saggio; un pò di follia dà sapore alla vita, rende amabili le donne, favorisce la convivialità ed amicizie. Insomma, permette di sopportarci a vicenda.

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Addentriamoci adesso verso l’accavallarsi delle varie simbologie come quella testa d’asino colle sue lunghe orecchie che diventa il cappello del giullare.

Perché il giullare ha la testa d’asino? Perché è matto cari miei! Nel Medio Evo tale ‘testa’ era il simbolo della dissennatezza e la follia non appartiene al mondo umano, bensì a quello divino. E proprio la pazzia attraverso le lunghissime orecchie dell’asino che indicano attenzione, porta il segno della sapienza. Colui che è folle è uomo libero, paga il prezzo della libertà. Ecco perchè ‘asino’ è l’appellativo che si attribuisce ad un comportamento che non si piega, che ha una sua logica, che segue il suo dinamismo interno quale sorta di comportamento non addomesticabile.

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Tale satira – testo critico – si basa sull’ironia, difetti e contraddizioni. Il testo scritto nel 1509, colpisce in modo caustico le nefandezze e le incongruenze della società a contemporanea all’autore, riservando ampio spazio al mondo ecclesiastico, fatto da papi, vescovi, teologici e monaci. Le lamentele di Erasmo nascono da un’analisi severa della chiesa e degli ostacoli che impediscono il ritorno al Vangelo delle origini. La guerra, la cupidigia, la mondanità e l’ignoranza dei preti, l’interpretazione teologica della Bibbia, la superstizione del popolo e la politicizzazione della Chiesa, sempre più corrotta moralmente, fa diventare tale trattato prima testimonianza del futuro programma della Riforma Cattolica.

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Erasmo lavora molto sulla parola, sulla discussione: la scrittura rappresenta l’elemento centrale, anche quando i suoi scritti sul Nuovo Testamento con ricerca di testi greci-bizantini sono ritenuti esplosivi. Una provocazione la sua? Sì, senz’altro, anche se alla sua morte si convertì al cattolicesimo.

Marcel Henry ci racconta che i suoi scritti erano in latino ed in greco, che Roma ammetteva solo il latino e che le lingue nazionali arrivarono solamente con la Riforma. Nel corso della celebrazione di questa imponente figura, ‘correranno’ le giornate create appositamente in latinorum, quella riservata alla poesia e quella alla tipografia. I suoi motti in tedesco saranno letti ovunque e le persone verranno da ogni parte d’Europa per celebrare tale evento.

La grafia. Già, la sua grafia! Piacevole osservare che, in virtù del 500° anniversario della Stampa, della traduzione di questo filosofo del Nuovo Testamento greco, evento basilare per la Riforma Luterana, proprio sulla ‘app’, sarà visibile il particolare carattere grafico.

E’ il momento della visita nel piano sottostante dove è possibile ammirare i cimeli di Erasmo da Rotterdam: la spada, la celebre tazza, le monete con accanto le varie medaglie, la clessidra, l’anello con sigillo ricevuto da quello Stuart figlio del Re di Scozia.

E se ci voltiamo ne vediamo pure l’ombra tanto è pregnante la sua presenza.

Carla Cavicchini cavicchini.press@gmail.com

L’ORGOGLIO ITALIANO A BASILEA:

  designer  RENZO PIANO PER LA FOUNDATION BEYELER CON DUBUFFET PROTAGONISTA

La Fondazione Beyeler è una stupenda Casa d’Arte. Considerata Museo ancor  ‘giovane’  in quanto  inaugurata nel 1997, è situata in un enorme  polmone verde e, con un pizzico d’orgoglio,  viene giusta l’osservazione che l’architetto di tale magnificenza è il nostro Renzo Piano. L’importante collezione di Ernst e Hildy Beyeler di Riehen, presso Basilea,  permette di godere di questa bellissima sede accessibile a buoni estimatori.

dubuffet E’ fondamentale osservare che l’arte arricchisce la vita odierna aprendo continuamente nuovi orizzonti. Questo poiché i nostri sensi, i nostri pensieri…belli o brutti, nonché quelli di gran desiderio, vengono espressi  tramite buone nonché concettuali espressioni artistiche. 

Alla Fondazione Beyeler è possibile ammirare i capolavori di Monet, Cezanne, Van Gogh eppoi ancora Warhol e  Bacon, passando per Klee, Matisse, Picasso, Giacometti, in una magnifica collezione comprendente oltre 200 quadri e sculture per una attenta consapevolezza quantitativa e qualitativa sull’arte del XX secolo e non solo. Pregevole l’arte etnografica proveniente dall’Africa, dall’Alaska e Oceania; ecco il motivo d’essere il polo più visitato  della Svizzera, in quanto le varie attrattive presentate di continuo grazie alla collezione di questi due mecenati, in un contesto architettonico unico nel suo genere,  riesce a presentare il tutto nella  sua bella cornice, facendone gentile sfondo.

Jean Dubuffet metamorfosi del paesaggio” è la prima retrospettiva dedicata a tale artista in questo XXI secolo, che ci permette d’osservare le molteplici bizzarrie, talenti, estrosità  – amava molto i lavori infantili – di questo  ‘tipo’ francese che, dopo vari ripensamenti, rinunciò all’attività  di commerciante di vini buttandosi  anima e fuoco nel sacro talamo dell’amata arte.

Pittore nonché scultore, il maestro adorava sperimentare nelle sue mille sfaccettature i propri lavori in una veste nuova ed insolita, facendo da stimolo a chi si accostava alle sue creazioni. Decisamente anticonformista, osservava la cultura in  maniera dissacratoria divenendo una delle persone più incisive della seconda metà del ‘900: non a caso il suo reinventarsi  di continuo, lasciava affiorare la sua essenza così pura seppur violenta, tanto da respirarla nella “Street – art” e nel mondo contemporaneo.

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CAM01453Affascinato dal paesaggio – ‘ Tutto è paesaggiosino all’inverosimile, colle sue attente analisi, riesce a porlo nei vari volti che incontra, nelle nudità corporee, negli oggetti espressivi sino a farli divenire veri e propri paesaggi viventi: questo nelle sue maniacali espressioni usando persino ali di farfalla, la sinuosa sabbia, spugne rocciose ed altro ancora in un personalissimo universo figurativo. L’ambiente, il panorama,  è qualcosa di talmente aperto,  nel quale la libertà umana può prendere il sopravvento. Jean, personalità inquieta, trova le sue espressioni attraverso il rinnovamento, la sperimentazione cogliendo la forte interazione tra natura e creatura. Altamente sottile nei suoi giochi d’immagine mentale, scava e scava ancora sino a trovare lo spirito umano,  ma anche gli abissi spirituali. Ed è proprio nel terreno scabro, ch’egli ama profondamente, che affiora la struttura geologica, matrice d’ogni cosa.

L’Art – brut “ Attenzione,  questo è solamente un concetto mentale – non c’ è niente in giro –  pertanto   è prassi, prima, di farne accurata  spiegazione.  Nel 1945 la guerra sta per terminare ed egli per un pò di tempo si trattiene in Svizzera ove osserva attentamente i lavori, gli schizzi dei vari pazienti ricoverati negli ospedali psichiatrici di Ginevra e Berna. Dubuffet  viene influenzato  così tanto da quella tormentata espressività  da donare tutto alla città di Losanna, che oggi ne è  degna sede.

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Respiro. E’ quello che percepisci quando completamente catturato, osservi la spettacolare opera “Coucou Bazar”nel suo alternarsi di danza, musica, scultura, pittura, teatro; ogni attività specchiandosi in maniera interdisciplinare riesce a dare adito al lungo pensiero ‘debuffiano’. La speranza è che arrivi in profondità!

Altra immagine ‘chiave’ è il dipinto “Gardes du corps” del 1943: opera ritenuta persa e poi ritrovata , rappresenta la musa del nuovo inizio estetico nell’opera pioneristica di questo straordinario artista. I suoi materiali sono carbone, impasti vari quale forma di  contraddizione verso gli usuali canoni estetici poiché se le sue espressioni sono viventi più tardi diventano informali.

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Scorri e ancora  scorri  in questi ampi  e luminosissimi saloni, sino a trovare quella ‘mucca’ inghiottita tipo lo  stomaco che digerisce. Un’altra tela rappresenta il corpo che diventa mappa e l’altra ancora si contraddistingue per quel graffito – ricordiamoci che è stato ispiratore della “Graffiti – art” dai  tratti veloci –  ‘Sguardo come vita’ – grazie alle finestre ‘interne’.

Appare la serie di ritratti grotteschi fatti ad amici, li raggruppa in  “Plus beaux quils” sino poi  a fare cose più scure. E’ nel  ‘brutto’ che  vede il valore estetico, pertanto la bruttezza  (vera o presunta…)  deve essere  rivitalizzata  quale mera convenzione estetica.

A Parigi c’è freddo, la cronica mancanza di carbone  lo  spinge  ad andarsene nel Sahara dove osserva attentamente l’uomo nel paesaggio. E’ una figura umana in viaggio e poi quel vagabondo che sfocia nelle vesti tragicomiche…mah! Farà  ridere oppure piangere? Avanzano  donne opulente, grosse, deformate, attenzione, poiché proprio  il loro ‘ creatore’  medita sul mito della fertilità e sulla divinità della terra. La serie dei paesaggi mentali umani assieme agli animali rappresenta le varie morfologie tra fango, ghiaia e terriccio. Eccoci alla pietra lavica e a quella scultura di “Spugna Marina”, secca secca che evidenzia la fragilità umana. Perché “La vita è nell’idea dell’artista e non nell’oggetto in sè”.

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Incuriosiscono i ‘collage’ ed ancora quei “Cieli Astrali” fatti da fogli d’oro e d’argento.  La serie “Hourloupe – in realtà è un neologismo di sua invenzione…che ci volete fa?? – va dal 1962 al 1974. Il concetto – le materie  sintetiche sono state usate appositamente –  è quello della totalità dell’arte  colle sue  figure morfologiche. Questo porta ad una sorta di pièce teatrale, con  tanto divertissement grottesco dove il comico e l’ironico si alternano. La morale  si trova in questa società che cambia e con essa le persone di questo pianeta.

Il tempo passa, siamo agli ultimi anni di vita, campeggia quel pensiero introspettivo e retrospettivo…”Ha un senso oppure un peso quello che è stato fatto?”

 Che dire ancora di questa mentalità forte e caparbia di cui Ernst Beyeler ne fu profondamente influenzato tanto da collaborare insieme? Attraverso la “Galerie Beyeler” furono venduti più di 750 lavori: non solo! All’artista furono dedicate sei esposizioni personali, una bella retrospettiva , nonché presentazioni temporanee  presso lo stand della galleria Art Basel.

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L’esposizione fortemente voluta dalla “Foundation Debuffet” di Parigi si avvale di pregiatissimi prestiti  concessi da musei internazionali e collezioni private quali il Moma, il  Guggenheim Museum di New York , il Centre Pompidou, la Fondazione Louis Vitton, il Moderna Museet di Stoccolma, il  Kunstaus di Zurigo ed altri ancora.

Circola nell’aria quel detto curioso recitante…” mentre Venezia rappresenta la vetrina, New York si distingue per il commercio, nel frattempo a Londra girano i soldi, mentre  a Parigi e Berlino circola l’arte.”

E voi avete qualcosa da dire in proposito?

         Carla Cavicchini

mail: cavicchini.press@gmail.com

 

Quando gli angeli raccontano le storie

   Da un vecchio mulino ad acqua usato per il granoturco ed altri cereali può nascere tutto, anche la “Casa Museo degli spaventapasseri” in quel di Roncegno Terme (Tn), che ben gelosamente il Comune conserva per l’altissimo valore etnologico che rappresenta per piccolini ed adulti.

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Mulino Angeli”, oggi sede museale, si snoda in un percorso affascinante grazie anche a quelle scale di legno che ti fanno soffermare su ampi ballatoi un tempo calcati dal mugnaio e dai suoi aiutanti, per questa mostra permanente ed unica nel suo genere ,’firmata’ dal fotoreporter Flavio Faganello. L’oggetto di tanta maestria permette di soffermarsi sul quel disinvolto progetto “Mail Art” – bisogna ribadirlo che il tema è quello sugli spaventapasseri? – arrivati da ogni parte d’Italia e del mondo in questo delizioso paesetto del Trentino.

In questo luogo colorato e divertente, è senza dubbio da apprezzare il grande valore culturale ed etnografico di ciò che rappresenta poiché i nostri cari amici, chiamati anche fantocci o spauracchi, rappresentano i surrogati nonché i ‘feticci’ della presenza umana nei campi. Se ci spostiamo nei piccolissimi passetti, ‘dietro’, trovi le fotografie dei contadini d’autore ( sì, proprio le loro foto! ) scattate nelle varie valli del Trentino e qui gelosamente raccolte.

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 Questi simpatici “pali di legno” aventi la funzione di spaventare gli uccellini sì da conservare il raccolto ( beh…dopo un po’ i passerotti si abituano e.. cominciano a ‘beccare’ ) sono qui presentati in ogni foggia, forma e dimensione: grandi, piccoletti e, sopratutto divertenti in quanto vestiti – travestiti – da buffi cappellacci, scarponi campagnoli, con tanto di nastri plastificati, maglioni informi ‘tarmatissimi’, accanto a zucche sapientemente cesellate, camicie logore, palloni ‘svuotati’, nylon ben appallotolati, ed ancora pezzi di sughero, lattine varie, giochi di bimbi, vecchi ‘cappottacci’ coloratissimi dismessi e… basta così! No, non basta così: quella bambola colla faccia volutamente girata dallo sguardo satanico inquieta non poco: chissà se la costruzione è avvenuta dopo aver visto L’Esorcista !! Com’è quella filastrocca recitante: “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio”? Beh…siamo quasi in tema! Nel nostro girovagare mentre le ‘cartoline’ apposte dietro documentano la saggia civiltà contadina, (non certamente di palo in frasca…) veniamo particolarmente attratti da Girolamo, bellissima testa (diciamo subito imprestata) in legno tutta colorata con sguardo stralunato del nostro ‘attore’, che si ritrova colle belle guanciotte rosse e baffi corvini. La storia è veramente curiosa. Ascoltate dunque: il caro manichino, di giorno veniva infilato nella ‘terraccia’ tra i filari delle vigne, per essere riportato poi la sera nell’abitazione del suo vecchio contadino ‘creatore’, desideroso questi di buona compagnia. Passa il tempo, l’anziano muore e ...Girolamo adesso è presente al Mulino Angeli, però ‘ocio’ che l’è sulament imprestèè!!!

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Stupende le preziosità raccolte nelle teche in vetro, ove è possibile incantarsi davanti ai magnifici giochi in legno che partono dal 18° al 20° secolo della Val Gardena – zona altamente conosciuta per l’abilità dei loro intagliatori – che si distinguono nel panorama mondiale dell’artigianato locale. La bambola più piccola del mondo, tutta scolpita in legno è un vero e proprio gioiellino e, simpaticissime quelle teste legnose raffiguranti burattini goliardici. La nostra guida instancabile continua nel presentarci addirittura i giocattoli russi della “Prima guerra mondiale” con accanto la stupenda ‘ruota’ costruita dalle mani dei nonni.

Usciamo. Eccoci alle famiglie – non sono state dimenticate – con tutta una serie di strutture che si trovano in loco, quali fasciatoi, spazio gioco per bimbi, riduttore w.c, nonché tranquillo angolino per allattare i bebè. E non è finita: il simpatico parco giochi allestito sul prato è luogo ideale per le scolaresche che vengono a visitare il Mulino Angeli , ma attrezzato per ogni fascia d’età! Tante inoltre le proposte che si affacciano che per curiosioni e cultori, quali l’Erbario, laboratorio didattico capace di far apprezzare e conservare le piante del territorio, L’orto degli odori che mira ad istruire sulla conoscenza delle varie piante medicinali, Il piccolo laboratorio di falegnameria che permette di usare il compensato, la simpaticissima idea: Costruzione del tuo spaventapasseri, qual laboratorio altamente creativo per costruire piccoli, piccolissimi, spaventapasseri da infilare in tasca, con la conoscenza successiva del laboratorio Facciamo il pane, scoprendo i segreti del mestiere del ‘panificatore’.

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Quanto ai nostri amici, è innegabile che la “forza bruta” della natura corrode ed uccide tutto quello che trova nella nuda zolla e, come “il canto del cigno”, i nostri cari, afflosciati dalle avversità del tempo, muoiono poco a poco con grande nostalgia da parte nostra.

Peccato perché era così bello ascoltare il rumore del vento ffss, ffffffsss!” soffiare attraverso i colli delle bottiglie e dei barattoli…

Carla Cavicchini – cavicchini.press@gmail.com