M’ILLUMINO D’IMMENSO

Gherardo Delle Notti Quadri bizzarrissimi  e cene allegre

     Gerrit Van Honthorst, pittore olandese al pubblico italiano come Gherardo delle Notti, dicono che sia un caravaggesco per la peculiarità come il Merise di illuminare gli scuri creando contesti altamente scenografici. In realtà, secondo gli studiosi, ‘prende’ molto da quel grande pazzo indomito matto del Caravaggio conservando tuttavia un suo stile ben definito.

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Eccoci alla Galleria degli Uffizi durante la stagione espositiva “Un anno ad arte”, con la prima mostra monografica dedicata a questo artista le cui particolarità son quelle di ritrarre scene a lume di notte, con magici effetti colmi di atmosfere febbrili al chiaror di luce di candela, in un sottile gioco di antagonismo verso le luci. La mostra, che si protrarrà sino al 24 maggio 2015, è interessante da vedere in quanto veramente bella e carica di pathos. Col suo bel volume permette di fare un tuffo all’indietro sulla Florentia del primo Seicento, tramite aperture seppur inaspettate nei confronti di quella impetuosa, irruente, e sopratutto innovativa, ricerca artistica contemporanea che rispondeva al nome di caravaggismo. Il periodo italiano di Van Honthorst si contraddistingue per le raffinatezze stilistiche, con tutte le crudezze riportate da questo giovane nordico. Ecco un susseguirsi di commissioni d’onore di occupare altari prestigiosi delle chiese di Roma e di Genova, accompagnati dall’interesse di prestigiosi collezionisti quali il Granduca di Toscana Cosimo II. E proprio grazie a Cosimo è possibile osservare cinque prestigiosissime tele di cui tre dedicate alla grande convivialità.

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Piero Guicciardini, nel 1619, gli commissionò la Pala per l’Altare della sua Cappella Maggiore in Santa Felicita: ‘ Adorazione dei pastori’ , dipinta a lume di notte e…qui tenetevi forte, vittima dell’attentato mafioso degli Uffizi nel 1993. Scampata all’alluvione del 1966 fu invece ferita dall’esplosione dell’attentato e considerata perduta. Ma… la tela abrasa da un vento di tempesta, fu stesa sull’impiantito della sala Leonardo coperta di veline per salvare il salvabile, attraverso quel poco colore che affiorava. Tutti pensavano ormai a qualcosa di perduto tuttavia, col tempo, grazie alla protezione della carta, avvenne invece che metà del dipinto era salvo, meno la parte ove si affollavano le persone. Grazie al cielo, proprio il cielo fu salvo, mentre le luci e le ombre che puntavano sui panni e carnati alla mangiatoia si erano liquefatti come neve al sole. Non c’era nemmeno più il Bambin Gesù, tuttavia dopo aver risanato e pulito il tutto l’opera fu rimessa nel luogo ove tanta violenza aveva subito. Accanto, l’epigrafe con versi colmi di speranza del poeta Mario Luzi ove trovi fisionomie scabre e polpastrelli della Vergine. Tutto ciò è osservabile attentamente su quel pianerottolo dello scalone che dalla Galleria porta al Corridoio Vasariano. Ma Firenze molto ha fatto! reagendo con grande forza a tale strazio, grazie alle eccellenze e competenze della Scuola di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure per una rinascita carica d’orgoglio. Ti siedi ed ecco che tocchi colorati si animano in virtù d’un lavoro certosino con immagini proiettate sulla spoglia tela, per poi ricomporsi in bagliori di luce ritrovando l’immagine completa. Dovremmo scrivere perduta ma per noi non è così, no, nonostante quest’angolo creato apposta per ricordare l’azione terroristica compiuta in via Dei Georgofili, con crolli, morte ed incendi, L’Adorazione dei pastori è viva e palpitante.

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Questo grande pittore olandese , venuto in Italia nel 1610, fu travolto dalla rivoluzione caravaggesca traendone il meglio. Come? Amandone la sua scia, quei contrasti di luce e ombra che lo impressionarono non poco, anche se col passar del tempo, calcò maggiormente il pennello su solennità altamente espressive. In mostra Caravaggio è presente col ‘Cavadenti’ della Galleria Palatina, eseguito nei primissimi anni del 1600 e giunto subito dopo alla corte granducale. Da ritenersi che tal opera fu cruciale per i temi prediletti di Gerrit Van Honthorst, capace di menzionarlo per tre o più suoi dipinti. Oltre a Cosimo II non se lo fece scappare neppure il buon collezionista marchese Vincenzo Giustiniani vista la nobiltà dei suoi lavori. Quanto al suo essere così europeo è indubbio che ciò gli veniva dalla natia Olanda, dai suoi servigi in Inghilterra alla corte di Carlo I, nonché commissioni dal re di Danimarca Cristiano IV.

Le opere esposte sono in numero molto cospicuo, nessun museo italiano ne vanta così tante: è piacevole godere di fronte al “ Cristo dinanzi a Caifa” – grazie all’eccezionale prestito della National Gallery di Londra – , alle conviviali fiorentine “Buona Ventura”, “Cena con suonatore di liuto” ed ancora “Cena con sponsali”. Stupenda la grande tela della chiesa dei Cappuccini di Albano (1618) per: “Madonna in gloria con i Santi Francesco e Bonaventura”. L’attività decisamente più nordica, ma non troppo, è quella iniziale per “Cristo morto con due angeli”, nonché “Preghiera di Giuditta “prima di decapitare Oloferne”.

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Respiro. Ebbene sì, respiro internazionale, poiché quando i prestiti provengono da ogni parte del globo tipo l’Ermitage di San Pietroburgo, dagli Staaliche Museen di Berlino, dall’ Ashmolean Museum di Oxford, dal Rijksmuseum di Amsterdam ed ancora Minneapolis Institute of Arts ed ancora da altri centri di arte-cultura del mondo…beh capisci la pregevole esposizione monografica nel regno degli Uffizi.

Doveroso citare gli enti promotori quali Direzione Regionale per i beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico, Polo Museale della città di Firenze, la Galleria degli Uffizi, Firenze Musei, Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Produzione, Gestione della Mostra, Comunicazione a cura di: Opera Laboratori Fiorentini, Civita Group.

Info: Firenze Musei 055 – 29.48.83

mail: firenzemusei@operalaboratori.com – sito web:www. unannoadarte.it

Carla Cavicchini