Un Sacco d’oro !

   Pittura ed arte orafa, due calabresi, il sacro fuoco dell’arte, la maestria qual filo conduttore. Nella città dantesca presso il Palazzo Panciatichi di Firenze, è stato possibile ammirare le opere di due grandi figure:l’orafo crotonese Gerardo Sacco e Mattia Preti, significativo pittore seicentesco in occasione del quarto centenario della sua nascita. Un connubio che s’avvale di tempi e discipline diverse, eppure accomunate dalla stessa passione di raccontare cultura e tradizioni della loro terra.

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   Sacco, creatore di chiara fama sino dal 1963, ama portare nella penisola e nel mondo, il suo      artigianato sì da farne conoscere il vero valore, per esserne poi apprezzato. Questo grazie all’oro, argento e pietre preziose che incastona in inedite e sofisticati manufatti,altamente ricercati. Figura fiera, amante del mare, osserva il ‘suo’ Mediterraneo qual imponente forza, traendone intuito e vigore grazie alle sue esperienze sensoriali. La Calabria possiede volte stellate d’unica intensità, l’eleganza di antichi templi della Magna Grecia, un mare cristallino e ‘mutante’ che ben si adegua ai ritmi della natura, illimitati spazi di fioriture selvagge, che assieme a quei vocii così colorati di cultura popolare nei mercati rionali, continua a donare al caro artista, quell’energia che lui tramuta in gioielli,cammei,bouquet,paste vitree e monili quali Iride, Zodiaco,Mesi.

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   ‘Preziosi’ che nascono, si reinterpretano all’infinito, conferendo alla donna quel bel decoro di saggio operato. Toccandoli, indossandoli, si respira quell’Oriente così sensuale, misterioso, avvolgente, carico di significati, che fanno vivere, annusare, quegli speziati momenti d’alta suggestione, carichi di fascino.

   La Toscana, così sensibile a tal curata magnificenza, lieta di conoscere valori e tradizioni altrui per una buona forma d’arricchimento, ben si prestava alle parole del dr.Domenico Ammirati qual presidente del “Centro Studi Valdarno”, esaltando il contesto d’abbinare Mattia Preti e Gerardo Sacco in differenti discipline artistiche, tra giochi armoniosi di grande creatività e competenza.

  “Mattia Preti, il Cavalier Calabrese” – osserva Ammirati – così era chiamato questo illustre pittore del ‘600 napoletano,capace d’avvalersi di quegli scuri caravaggeschi per forme così minuziose, maniacali, da buon maestro della sistematicità che si distingue nella ricerca di nuovo ordine pittorico. Opere, le sue, esposte al British Musuem, a Taverna, suo luogo natio, nonché in molti altri luoghi d’Italia e non solo, che ne apprezzano tal spessore. Quanto all’artista Sacco…che dire? parlano le sue opere, è un buon ‘crotonese’ che plasma sapientemente metalli in maniera eclettica ma di gran gusto: nel 1963 andò a Valenza Po per poi ritornarsene a casa applicandosi alla magnificenza della Magna Grecia, alla cultura contadina del Mediterraneo vincendo più tardi numerosi premi per la sua maestria. Continua a crescere sino a salire su palcoscenici internazionali:il ‘Vittoriano’ di Roma, i Musei Vaticani, Bruxelles, Copenaghen, Parigi, “coprendo d’oro”, si può dire? grandi star cinematografiche quali Claudia Cardinale, Monica Bellucci, Elisabeth Taylor, Elena Sofia Ricci e tante altre stelle ancora.”

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  Mina Gregori, trova una sorta di filamento tra tanta espressività: “Non stiamo parlando di cose lontane l’una all’altra, non esistono arti maggiori e minori,solamente una sensibilità sublime. Un caravaggista in ritardo? No! Ha solamente allungato il filone, dando movimento con fenomeni creativi importanti. Nel suo genere è un gigante, è lui che chiede al chiaro-scuro di coabitare assieme,lui che insiste su una lingua pittorica nuova qual padre della storiografia moderna. Figura assestante, Preti si isolava nelle sue idee ed è da considerarsi l’ultimo grande caravaggesco.”

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   Ecco che il microfono va al maestro.” Devo esorcizzare l’emozione…è stato parlato a lungo di Mattia Preti, mah…il pittore per chi non l’avesse capito è defunto e quindi…”batti un colpo”! Beh, bando agli scherzi – prosegue – sono solamente un uomo di trincea, un artigiano che crede fortemente in ciò che realizza. Mi avete fatto questa sorpresina di venire al tavolo, eh…vabbè, finalmente sono a Firenze, anzi, ci risono! poiché venivo sempre annualmente in compagnia di mia moglie soggiornando in via San Gallo. Tempi di trenta kg. fa’, però! Qui, nella culla dantesca, ricordo che alla 31° Mostra Internazionale dell’Artigianato, ebbi l’onore di esprimere la mia regione attraverso leggende e tradizioni del mio luogo. Dei premi vinti ne hanno già parlato: quanto a me…penso di rappresentare la vecchia guardia.”

   Sorride il folto pubblico per la spontaneità offerta mentre egli prosegue: Del mio lavoro ricordo l’improvvisazione unita alla manualità:quelle perline minuscole, le gemme…e pietre che divenivano cristalli con carta dei cioccolatini qual preziosa rifinitura. L’oreficeria va sempre reinterpretata, ogni cosa parla, racconta…ho attinto anche dall’arbresc (artigianato albanese), ma è fondamentale metterci del nostro. Nel 1984 lavorai per Zeffirelli, per il film “Il giovane Toscanini”, eppoi sempre per lui feci creazioni per l”Amleto”. Mi hanno cercato anche altri ‘grandi’, ma penso che quello che è esposto qui, nelle teche della Regione, parli meglio di me.”

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   Adesso le persone si soffermano verso l’esposizione di vari libri ‘calabri’, proseguendo poi allo spazio delle degustazioni ricco di sapori piccanti e tipici dolci canditi. La cioccolata offerta in quadrotti è buonissima, anche quella alla liquirizia e i liquorini madreperlacei, annaffiano il tutto. Mi avvicino.

  Maestro, basta un gioiello per vestire la donna?

   “Si, una creazione bella ed importante può ‘legare’ solo ad un ‘tubino’, ad un body, non certamente ad abiti griffati. Personalmente non amo gioielli seriali, l’inventiva mi ha portato anche a creare cammei spezzati in oro e argento:l’essenzialità in questi casi è d’obbligo.”

   Come mai il monile è oggetto di forte sensualità?

   “La sensualità è femmina. Un bel collo nudo è una forte attrattiva, non va certamente caricato, bensì valorizzato.”

   Lo osservo mentre stringe una mano che s’intrufola, è cordiale ma anche molto attento:vede, scruta, percepisce e ne fa tesoro.

   Da cosa le viene questa inesauribile sete di sapere?

   “Ho conosciuto stili vari ed epoche dei popoli precedenti. Tutto mi parla…Cleopatra, Scilla e Cariddi, adesso se permette ritorno a salutare gli amici che sono venuti a trovarmi.”

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  Effettivamente c’è un gran fermento:c’è persino l’avvocato Rodolfo Foti qual Presidente dell’Associazione ‘Brutium Calabresi nel mondo” che insieme al dr. Domenico Ammirati, ha organizzato la splendida mostra. Ciò è stato possibile anche grazie all’avvocato Cristina Foti, alla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano, alla Cassa di Risparmio di San Miniato,alla BCC – Credito Cooperativo di Pontassieve. Un ringraziamento anche agli sponsor, quali: l’Accademia Italiana del peperoncino onlus, la Courtesy Frascione Arte 1893, la Courtesy Tornabuoni Arte- Firenze,

  Splendono come gioielli i grandi occhioni scuri mediterranei di Maria Grazia Cucinotta qual testimonial del catalogo. Davanti a se ha la macchina da cucito, quella di tempi passati, coi bordi argentati e ‘pedalino’ per ritmare i tempi. E’ donna di ago e filo, ha il ditale, posa delicatamente i gioielli di Gerardo sulla stoffa per alti lavori sartoriali ma ci ripensa. Sono troppo belli. Sì, …valorizzano maggiormente il suo splendido decolletè, le dita affusolate, i polsi delicati. Roba da ‘Sacco’.

  Chissà cosa ne pensa l’artefice di tutto questo:l’artista abita in via Antonio De Curtis, in arte Totò…quel principe chic e signorile che paragonava la morte ad una livella. “Lima, lima, livella, aggiusta, accorcia, stendi…siam tutti uguali guagliò, tutti sulla stessa linea! Sacco o saccheggio che importa……

     Saggezza del sud !

Carla Cavicchini

cavicchini@tin.it

 

 

 

LA CLASSE E LA DELICATEZZA DEL PINTORICCHIO

 ‘detto il Pintoricchio, nome di battesimo Bernardino di Betto’

Sino al giorno dell’Epifania è possibile ammirare nella Pinacoteca del Palazzo Comunale di San Gimignano la mostra dedicata al grande pittore d’origine umbra Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio. “La Pala dell’Assunta di San Gimignano e gli anni senesi” è  l’omaggio nei confronti di questo grande artista, conosciuto per la scrupolosità che poneva nelle sue opere d’estrema bellezza.

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E’ proprio sulla magnificenza della ‘Pala’  che amiamo soffermarci poiché, come spiega la soprintendente Cristina Acidini nel catalogo della mostra, denota come San Gimignano possa annoverare, tra altre pregevoli opere rinascimentali, proprio “La Pala del Pintoricchio con la Madonna in gloria tra i Santi Gregorio Magno e Benedetto”, in ragione della eccezionale convergenza delle stagioni  artistiche rinascimentali di Firenze e Siena, tra le quali San Gimignano risultava essere equidistante e quindi partecipe anch’essa dei percorsi civili ed artistici delle prime due.

Ciò che osserviamo racconta un convinto invito al carisma monastico, con la possibilità di anticipare la condizione celestiale” – spiega Don Andrea Bechi, quale responsabile dei Beni Culturali per l’Arcidiocesi di Siena, Colle Val d’Elsa e Montalcino. Il religioso prosegue notando che è la Madonna la vera e propria Regina degli Angeli  e dominatrice del paesaggio, mentre si staglia amorevolmente all’interno di un grazioso ovale a forma di mandorla. “Ella è assisa sulle nubi del cielo, intorno a lei vi sono angioletti vari e, addirittura, due di loro si prestano ad essere una sorta di sgabello per i piedi della Vergine. La città invece ‘passa’ in secondo piano onde far posto alla dolcezza della Vergine Assunta. In basso, i Santi Gregorio Magno e Benedetto pregano colle mani giunte e, proprio nella ritrattistica del primo, si nota l’eccellenza di Bernardino di Betto. Pintoricchio non era nuovo ai temi dell’Assunta, è piacevole osservare l’oro con tempera su tavola scoprendone l’alta maestria”.

Maestria tuttavia  non riconosciuta dal  Vasari in quanto di lui ebbe a dire: “Usò molto Bernardino di fare alle sue pitture ornamentali di rilievo messi d’oro, per soddisfare alle persone che poco di quell’arte intendevano, acciò avessono maggior lustro e veduta. Il che è cosa goffissima nella pittura.”

Stili e modi diversi.  E’ bello sapere che l’arte pittorica spazia in lungo e largo, nel tempo e nello spazio sopra gusti e mode.

 

Carla Cavicchini

mail: cavicchini@tin.it

 

 

                               LA VERA MAREMMA

                                         Chi se ne intende lo sa!                        

Amara, aspra e sanguigna. Insomma, tutto meno che terra edulcorata, d’altronde… tra butteri e briganti che t’aspetti?  Così la ‘vede’, se la sente sulla pelle, il giornalista Renzo Vatti durante la presentazione del suo libro Maremma com’erapresso l’Auditorium della Società Dante Alighieri di Firenze, dove – dinanzi ad un nutritissimo pubblico ed un buon parterre di relatori – l’autore di questo bel volume della Laurum editrice, rigorosamente in bianco e nero, racconta…”abbiamo volutamente dato ampio spazio a questo territorio non certamente come ad una cartolina bensì  ad un luogo da valorizzare  sempre più, anche turisticamente. Il paese di Ribolla, le colline metallifere onnipresenti, la gente che ha sudato e non poco…( vai a pagina 37 e te ne rendi conto! ) tutto parla, tutto ci viene incontro e, proprio per questo, merita d’essere visitato. Ed è inevitabile lasciarci prendere da quel forte impatto emotivo che tutt’oggi conserva questo fulcro d’anima viva estremamente affascinante ed interessante.”

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Antonia Ida Fontana, presidente della “Dante Alighieri”, soffermandosi sul fatto che l’istituzione che lei presiede  rappresenta la lingua e la cultura  nel mondo ampliandone sempre più i confini, osserva che sapere ‘serve’ a tutto…alla politica, all’economia, “e, non a caso questa è la missione della dantesca. Ho letto le pagine e osservato attentamente le immagini di questa ultima fatica di Vatti: posso dire che è un libro che ‘prende’ molto e che ben evoca il mondo maremmano.”

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Maria Luisa Stringa presidente del Centro Unesco di Firenze, spiega che proprio nel mandato dell’Unesco è insita la ricerca d’una tradizione della civiltà, di un grande patrimonio immateriale, corposo, di canti, tradizioni e speranze della gente. “Un popolo è la sua cultura e l’Unesco pone attenzione alle anime dei popoli. Le fotografie sono commoventi e, grazie al cielo, è scritto anche bene, ‘cosa’ che non tutti i giornalisti riescono a fare, scivolando spesso sui ‘riflessivi’. Tra l’altro chi conosce questi posti “ ci si riconosce” e allora cosa c’è di più invitante?”

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Prende la parola il giornalista Pierandrea Vanni   esprimendosi con vigore sul fatto che il concetto geografico della Maremma si è molto ampliato: “le radici sono le nostre radici ancor più quando appartengono a territori piccoli. Sono di Sorano – prosegue –  un luogo a cui non sono state risparmiate frane e smottamenti, tanto che il cuore del centro storico si svuotò anche se tutti non aderirono al via via coatto. Regnava anche incuria…la figlia dell’abbandono. Ricordo la città nebbiosa, feci un tuffo all’indietro chiedendomi se la città avesse futuro. Pitigliano allora raccolse le lastre di un grande fotografo che poi morì, beh…si parla di tempi di guerra, e qui mi soffermo un attimo dicendo che è sbagliato sbaragliare le province. Tornando alle foto vedo che in questi scatti si respira una grande identificazione, la gente e il territorio…la gente e i borghi. In quest’angolo di terra dove la popolazione ha sudato, versato sangue, appare fondamentale tuttavia  ricordare la civiltà degli Etruschi – stratificazioni di civiltà – rimaste intatte! Testimonianze ne sono le necropoli, enorme patrimonio rimasto ‘fermo!’ oserei pertanto dire:”Maremma com’è!”

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Prosegue poi Vanni dicendo che ciò che ha menzionato sopra non  è una fortezza, ma che  la conservazione ha lasciato caratteristiche particolari:”come non parlare delle miniere, delle zone bonificate… grazie al cielo non c’è stata solamente la malaria ! Se facciamo un tuffo indietro la riscopriamo con ritmo lento, con le pecore accanto a cimeli…e poi le grandi figure appartenute, ricche di cultura popolare con senso di appartenenza alla terra. Da ricordare le ‘befanate’…il maggio! Tra Sorano e Pitigliano c’è sempre stata una sana rivalità, dove i libri si sfornano, specie Pitigliano. Tolgo pertanto ‘era’: ‘e’ la Maremma con tutti i suoi cavalli, cani, butteri e…insomma tanto ancora da amare!”

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Leonardo Marras presidente della provincia di  Grosseto afferma che  è un bel libro che fa tanto bene ai maremmani, quale operazione identitaria. “Non è solamente “essere toscani”, è il coacervo. Non significa solamente “buen ritiro”, vediamo la terra di prima, la laboriosità delle zone metallifere. Chiaramente tutto ha subito trasformazioni, ma questa è l’identità di civiltà rurale che sfocia nella cultura! Da studi in merito è risultato il primo distretto rurale d’Europa! Rurale non è solamente civiltà contadina, gli europei vivono in territori rurali, gli italiani  pure! Ricordiamoci che la distinzione, l’identità, sono i tratti salienti di una grande forza. Il “Come eravamo” è basilare! E, in virtù di questo, tale ricchezza non va dispersa. Ciò stimolerà altre iniziative; già molti intellettuali ci hanno lavorato  a lungo, va sottolineata pertanto la bellezza e bontà di una tale iniziativa.”

Un  bel volume quindi da acquistare per la ricchezza dei suoi contenuti anche perché come poi osservava Renzo Vatti – ‘artefice dell’opera’-  …” ringrazio tutti per il prezioso contributo ricevuto. Accanto a me siede la dottoressa Maria Luisa Stringa: bene! É di buon auspicio, in quanto la considero il mio portafortuna grazie a tutti i libri che ho avuto il piacere di vendere.”

Due parole sul telegramma di Monaci che impossibilitato all’incontro per motivi professionali…”parlo volentieri di un momento capace di rievocare vissuti d’infanzia e mezzadria: è piacevole ricordare che sulla società vertono studi proficui da parte degli studenti di tutto il mondo. Ottimo esempio quindi per tutti.”

Che dire ancora? Molto è stato detto, forse è bene ribadire che registi toscani e  provenienti da ogni parte del globo, vi hanno trovato in tali terre le giuste  ispirazioni  per i loro set cinematografici, fiction, unendo spesso “il verace” alla delicatezza femminea.

Maremma! dice l’omino nello spot pubblicitario che ‘gira’ in  tutt’Italia e non solo. Maremma…ti si apre un mondo!

Carla Cavicchini

mail:cavicchini@tin.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

VERSATILE MARMO

   Che il marmo sia fonte di bellezza è inequivocabile, come inequivocabile è lo stretto rapporto che lo lega alla Versilia ed alle Apuane, grazie anche alla costa marina , il tutto da costituire un importante polo artistico. 

     Sino al 27 ottobre a Villa Bertelli di Forte dei Marmi (LU) tramite “Dagli Uffizi per Forte dei Marmi”,  viene presentata la mostra “Vie della Scultura” per rendere omaggio a quei grandi artisti, di fama mondiale, che hanno riconosciuto in queste zone la patria della scultura porgendo, in segno estremamente significativo, alla Galleria degli Uffizi un’opera – autoritratto oppure una opera grafica – accanto ad una scultura del territorio apuano-versiliese.

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     Da ricordare che già anni fa molti artisti donarono preziose opere per il risarcimento della galleria stessa, colpita duramente dall’attentato in Via dei Georgofili. Oggi tredici artisti italiani e stranieri del Novecento e contemporanei, con le loro ventisei opere esposte in questa terra così amata dal poeta Gabriele D’Annunzio, espongono i “loro saperi” in un delizioso allestimento di piccole stanze monografiche. Ciò per creare quella grande ricerca intimistica tra i soggetti ed il loro creatore, scoprendo l’unicità stessa dell’artista.

    ‘Forte dei Marmi ‘ magnete di maestranze? Perchè no? Non a caso si respira un grande rigore architettonico, ognuno di noi è a conoscenza che nella città dantesca esiste un grande movimento museale di cui il Polo ne è promotore, e se poi tutto questo ‘serve’ alla celebrazione della ricorrenza del centenario della nascita del Comune di Forte dei Marmi…ben venga!

  Antonio Natali, direttore della celebre galleria fiorentina, osserva che è importante la tutela e la valorizzazione per buone coscienze storiche: “non amo il business culturale…per carità! Bensì di quella ricchezza e quella luce che sugli Uffizi si riverbera! Le soprintendenze sono basilari, il museo deve educare e non essere aperto a manovre politiche. Quanto alla terra versiliese…bella, bellissima, come del resto son tutte belle le coste del mondo. C’è n’è una che amo particolarmente ma…lasciamo perdere, si entra nei gusti personali!”   Maremma! Vociferano che …mah!

    Un altro relatore osservando che questa è la prima mostra del ‘900, bilingue, di valenza internazionale, dice che il dialogo artistico va oltre, confrontandosi anche col bronzo e con la pietra. “L’opera con l’altra opera posta nello stesso spazio, porge allo allo spettatore la maestria di grandi nomi: l’autoritratto di Pistoletto, Paladino, Mitoray, Messina, e poi ancora Vangi, Moore che viveva nelle zone apuo-versiliesi, ed altri ancora. Non è quindi un caso che ci si può soffermare sulla visone delle cave di Michelangelo e poi ancora quel bel lavoro didattico dei bambini: è basilare instillare loro una buona coscienza artistica, fin da giovanissimi. Un sogno – termina – che questa esposizione sia una sorta di finestra aperta dove la curiosità ha buon accesso.”

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   Già…la curiosità che possedevano Carrara, Guidi, Soffici, Montale ed altri contemporanei che della costa ne hanno fatto il loro nido assieme al loro studio!

    Cammina cammina in questo bacino straordinario di maestranze, noti disegni, serigrafie stampe e non solo, nell’unicità della nicchia che tutto accoglie in grande intimità. C’è il presente ma anche l’astratto, unito tutto a quel filo rosso narrativo – filo rosso degli Uffizi – quale simbolo di racconto unico e particolare. La tradizione favolistica viene rappresentata da Jan Fabre col suo autoritratto bronzeo dall’enorme luce aurea. Bocca serrata, sguardo indagatorio, bei capelli e…mega, ma proprio mega ‘orecchie’ come da tradizione collodiana. L’alter – ego, dirimpettaio, ha invece orecchie rosso pomodoro e ancora orecchie sempre color fuoco ben attorcigliate da un groviglio di fili. Una riflessione sul significato dell’ascolto vista come azione critica, nonché tutte le sfaccettature che l’arte imprime. L’autoritratto di Manzù lo vede collo sguardo birichino ma anche introspettivo…il sigaro che penzola, la cravatta giusta, il cappello un po’ da guascone. L’altra sua opera, ‘Sedia’, è un bronzo, vera e propria natura morta in scultura di grande importanza per l’artista in quanto ereditata dal padre. Simbolo di origini familiari, evoca la povera realtà domestica tuttavia estremamente dignitosa.

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   L’occhio di Messina. E’ suo, di questo grande siciliano di Linguaglossa, posto in un una mimica pulita ed essenziale. Piacevole da vedersi. Il dialogo avviene col pugilatore seduto. Ammazza quant’è palestrato! Però è bello ed estremamente proporzionato. Proviene dal Museo dei Bozzetti di Pietrasanta e, in quest’essere, si ritrova il profondo studio che Messina nutriva per l’approfondimento del corpo umano ed il vigore dell’apparato muscolare. Appare la classicità di Igor Mitoraj: il doppio autoritratto in bronzo e Nascita di Venere, che stavolta non nasce dalle spume del mare. L’artista ha colto ciò tramite due figure mutili, l’una accanto all’altra, in profonda solennità. Possenti figure immerse in dimensione onirica che vedono Venere e il genio alato che l’accompagna nella nascita. Questo per spiegare che nella cultura romana il nume tutelare nasce coll’uomo e lo guida nel corso della vita.

    Gli enti promotori sono il Comune fortemarmino, la Fondazione Villa Bertelli e la città ‘Forte’, la Galleria degli Uffizi di Firenze, La Direzione Generale per I Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, La Soprintendenza per i Beni Architettonici, nonché “L’Associazione Un Cuore, un Mondo di Massa”, con partners l’Ospedale del Cuore G. Pasquinucci – Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Massa; Eletto tour operator. Il ricavato della mostra curerà bambini cardiopatici dell’Eritrea – Missione Eritrea – creando un buon dialogo costruttivo con l’ospedale. Ben accolte pertanto buone forme di sostegno si da dare indiretta visibilità ad un luogo d’eccellenza del territorio, l’Ospedale del Cuore G. Pasquinucci Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Massa, centro di rilevanza internazionale per le cardiopatie congenite, capace di operare con “Vie del Cuore”; progetto dialogante a cura di Eletto Tour operator, ideato, sviluppato e cresciuto grazie al supporto della regione Toscana e della Comunità Europea.

   Arte e cuore. Binomio inscindibile.

   Carla Cavicchini

   mail: cavicchini@tin.it