Savia non fui

Dante e Sapia tra letteratura ed arte.”

   La figura di Sapia gentildonna senese, protagonista tra l’altro del canto XIII del Purgatorio di Dante, è stata ben celebrata anche tramite numerose tavole del pittore Gino Terreni, al Museo San Pietro di Colle Val d’Elsa in occasione della mostra: “ Savia non fui – Dante e Sapia tra letteratura ed arte.”

Bravi e sopratutto esaurienti i relatori mentre osservano che la Divina Commedia andrebbe riletta di continuo, per le riflessioni che si aprono di continuo nei confronti del lettore, e che ‘Colle’ con la figura di questa nobildonna rivive grazie alle splendide opere esposte; non mancando d’osservare che: “Terreni, tra l’altro, aveva lo studio anche qui, proprio nella Torre di Arnolfo, in seguito si è vi è stata la donazione graditissima da parte dei figli Leonardo e Sabrina Terreni.”

Questo personaggio legato al territorio e Colle Val d’Elsa – spiegava poi la dottoressa Caciorgna – non molto interpretabile, come del resto fu Pia de Tolomei, è stato troppo in ombra. E’ una ‘Sapia’ che vogliono ancora rinfamarla, con quegli occhi cuciti col fil di ferro, che guarda le ombre a mento alzato come i cechi, si sostiene l’un l’altro coi penitenti, e buon lustro di tutto questo ne da la splendida collezione privata a carboncino nonché le miniature qui presenti. “

Gino Terreni pittore espressionista – prosegue – la presenta sempre spogliata e disperata, una donna non certamente fortunata, eppure interessante proprio per questo, da compatire, ma anche da apprezzare poi, più tardi quando si dedicò alla beneficenza.”

Altamente incisive le parole di Marcello Ciccuto, professore di letteratura italiana dell’Università di Pisa nonché presidente della Società Dantesca Italiana, che racconta: “Dante insegna sempre, Sapia viene colta nella sua ‘tristizia’ e ripiegamento, viene disonorata, eppure in tal contesto viene vista come una odierna portatrice di messaggi positivi pur nella sua sfuggenza. L’invidia…! L’invidia è il male del mondo, vedi Satana, ma Sapia si pone nella preghiera a Dio simile a lui nella battaglia. Questa purtroppo è la triste civiltà del vantaggio: i senesi vogliono il porto, l’acqua, ma non sono solidali tra loro e dopo, solo dopo! capiranno quali sono i valori come Sapia fa umiliandosi.! La testa di Provenzano – termina – fu infissa e portata in giro. Questo significa fama? No, solo fiato di vento! Da capire pertanto ed apprezzare ch’ella nella sua disfatta fisica e morale, arrivò a valori più alti, pertanto questo deve essere considerato un messaggio di grande attualità.”

La morale per questa singolare ed affascinante mostra promossa dal comune locale, dall’Arcidiocesi di Siena, Montalcino, con la partecipazione ed organizzazione di Opera Civita – 7 aprile – 28 ottobre 2018 – offre spunti per capire che Sapia nata Salvani, alquanto caratterizzata per i tratti sofferenti, peccò sì tanto d’invidia sino a giungere all’insania. Ma sopratutto non ‘savia ‘ nell’augurarsi la sconfitta dei propri cittadini senesi nella battaglia di Colle Val d’Elsa…” Savia non fui, avvenga che Sapia / fossi chiamata e fui delli altrui danni / più lieta assai che di ventura mia.” Tratti che appartengono agli invidiosi, a coloro che costretti a vestire panni ispidi e pungenti dai colori morti mentre fiacchi, fiacchi si sostengono tra loro.

E’ pertanto una figura non convenzionale, delineata nell’umana fragilità, tanto d’essere considerata una specie di antieroina della storia medievale senese. Ma c’è un Dio per tutti. Alla fine, sconfitta ma saggia, conosce le virtù dedicandosi agli indigenti, riabilitando Sapia.

Carla Cavicchini

cavicchini.press@gmail.com

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